Via Genova, 14 - 34121 Trieste (TS)
e-mail: associazione.accse@gmail.com
tel: 329 0131925

martedì 1 settembre 2015

Autostima, benessere e successo

di Micaela Crisma (micaela_crisma@yahoo.it)



https://www.flickr.com/photos/catiesayeg/5389554662/in/photolist-9dfSQf-9dcPwpL'autostima, secondo una delle definizioni più accreditate, è la fiducia nelle proprie capacità unita alla sensazione di meritarsi il proprio successo. E' facile comprendere che una persona che ha una buona autostima si vuole bene, si prende cura di sé, accetta di affrontare le sfide della vita con la convinzione di potercela fare e ha più possibilità di raggiungere i successi sperati. L'autostima è quindi sicuramente associata al successo e al benessere psicofisico. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare però, successo e benessere non portano automaticamente a una buona autostima. I notiziari sono pieni di storie tristissime su star del cinema o della musica o dello sport che, pur avendo ottenuto apprezzamenti e traguardi incredibili, si maltrattano con diete, droghe, alcol, dimostrano di non essere mai abbastanza contenti di sé, alcuni mettendosi in ridicolo per la spasmodica ricerca di approvazione, altri arrivando perfino al suicidio. Tutto ciò perché una buona autostima è una condizione necessaria per apprezzare ciò che si ha e ciò che si conquista. Chi è profondamente convinto di non valere, non riuscirà ad accontentarsi mai, neanche davanti al più eclatante dei successi. Una laurea 110 e lode? E' stata tutta fortuna. Avere vinto un Oscar? La giuria quella sera era troppo bonaria. Avere scalato l'Everest? Oramai l'hanno fatto in tanti, che ci vuole mai.... Invece che notare le proprie qualità, la persona con bassa autostima si concentrerà sui propri difetti, esagerandoli. Non si perdonerà il minimo errore, considerandolo grave colpa, mentre una cosa fatta bene sarà merito del caso. Infine, ci sono persone che esteriormente sembrano godere di un'ottima autostima perché parlano continuamente dei propri meriti e successi, anzi se ne vantano. Ma ciò in realtà nasconde un vuoto interiore, un bisogno smodato di approvazione. Chi gode di una buona autostima è già soddisfatto di quanto ha ottenuto e non sente la necessità di sbandierarlo al vento.
Una buona autostima è un fattore protettivo importante, favorisce il benessere interiore ed esteriore e andrebbe migliorata e coltivata per tutta la vita. Vi spiegheremo prossimamente con quali mezzi ed esercizi. Per ora vi invitiamo solo a diffidare di chi vi promette la felicità e il successo con un weekend intensivo sull'autostima o semplicemente leggendo un libro. Proprio perché è una capacità così importante e fondamentale richiede esercizio quotidiano e motivazione. In fondo, nessuno di voi si lascerebbe convincere di poter imparare a suonare il pianoforte o a guidare una Ferrari in un weekend o leggendo un manuale...


Image: The Ugly Duckling by Catie Sayeg








martedì 25 agosto 2015

Genitori sì, genitori no

di Antonella Deponte (dr.deponte@gmail.com)



Si fa un gran parlare di genitorialità, in questo periodo, e la cronaca offre molti spunti di discussione. Si sa, la vita precede e supera la teoria, interpella e insiste finché non ha risposta e se ne frega, se i modelli degli esperti non sono già pronti o le norme morali non comprendono esattamente il caso.
Mettiamoci pure un po' di manipolazione ad hoc, vuoi per vendere di più, vuoi per condizionare i temi del dibattito pubblico, ed ecco il tema scottante di chi deve decidere cosa fa o non fa un buon genitore, cos'è cosa non è, quale livello di salute mentale è auspicabile per abbracciare la progenie.
Definire ciò che rende una persona un buon genitore non è facile. Già il fatto di chiederselo, aiuta a diventarlo. Cercare una risposta non solipsistica nel confronto con gli altri, è un buon metodo per lavorare alla propria capacità genitoriale. Mettersi di fronte ai propri figli consapevoli che sono persone intere con la loro individualità e la loro (futura) storia, è un passo avanti. Considerare che i figli non sono “diritti” ma aprono una strada piena di doveri e responsabilità e bellezze, è un altro passetto. Cercare di essere esempi credibili, un po' maldestri, sicuramente perfettibili, a volte persino lievemente patetici (siamo tutti un po' patetici, a volte), è un gran salto. Riuscire a mettere da parte, almeno parzialmente, almeno temporaneamente, i propri desideri e le proprie necessità e le proprie aspettative per far spazio all'inestricabilmente “altro” che è ogni figlio... qui siamo quasi al piano della virtù. 
Eppure è una virtù necessaria. Accettare la sfida coinvolgente e appassionante di accompagnare lo sviluppo degli uomini e delle donne di domani non è un lavoro part-time, né full-time, né un lavoro. Potremmo dire che è una missione, se non corressimo il rischio di metterci addosso i panni del salvatore e di cadere in deliri di quasi-onnipotenza (sì, perché la nostra influenza sui figli è enorme, ma l'educazione è relazione, contempla in sè l'azione e la reazione dell'altro).
Detto questo, è sufficiente farsi un breve esame di coscienza per evitare giudizi affrettati e poco competenti sulle altrui capacità, e rimettersi a lavorare sulle proprie. Sperando e pregando che il seme cada sulla buona terra, e che non arrivino troppe tempeste. 

Photo by D Sharon Pruitt


domenica 15 marzo 2015

Il mio cuore batte come il tuo



di Antonella Deponte


Il mio cuore batte come il tuo. È questo il rivoluzionario messaggio che “Il gioco del rispetto” vuole portare nelle nostre scuole dell'infanzia.
Parla di uguaglianza, parla di diversità. Perchè ciascuna persona ha valore in sé, perché ciascuno è a suo modo diverso. A quel che posso vedere, il gioco del rispetto dimostra che nel diverso da me, anche nel costituzionalmente diverso da me, posso trovare qualcosa di mio. Posso trovare un cuore che batte, una mente che pensa. Qualcosa che renda possibile la comunicazione e la relazione. Dimostra che nessuno, maschio o femmina che sia, mi è totalmente estraneo perché condividiamo emozioni, sensazioni, aspirazioni e desideri.
La presentazione del progetto propone di “insegnare ai bambini il rispetto di genere e il superamento di stereotipi e discriminazioni”. Sì, perché gli stereotipi si interiorizzano da piccoli, in età prescolare. Tutti i modelli proposti dalla società - implicitamente ed esplicitamente - vengono interiorizzati da piccoli, quindi è nell'interesse di tutti che si cerchi di favorire l'interiorizzazione di modelli anziché di stereotipi, di atteggiamenti di rispetto anziché di discriminazione. Ritengo che sia quello che ogni genitore pensante cerca di fare, ritengo che sia quello che possiamo chiedere a ogni agenzia educativa.
C'è chi pensa che lavorare alla riduzione degli stereotipi di genere significhi produrre confusione nell'identità sessuale dei bambini. Scusate, ma è come pensare che professarsi mussulmano significhi aspirare al terrorismo, tanto per restare nel tema delle grandi paure che stanno attanagliando le nostre comunità in questo periodo.
Ma vediamo più da vicino questo progetto che tanto polverone ha scatenato. Prendiamoci cinque minuti per leggere il materiale messo abbondantemente a disposizione. Mi fermerò al materiale presente fino a ieri (10/03/2015) in rete. Da oggi infatti il materiale è molto di più, al punto da mettere a rischio alcuni aspetti metodologici e alcuni diritti di coloro che ci hanno lavorato.
Mi fermerò anche ad un'analisi del “come” piuttosto che del “cosa”, sia perché i contenuti sono stati spiegati e commentati ampiamente da altri, sia perché il progetto è notevole proprio per la competenza, la cura e il rigore scientifico del suo impianto. Molte altre attività che vengono proposte ai nostri figli hanno credenziali infinitamente minori.
Ad ogni modo, ecco quello che si poteva desumere dalla lettura delle informazioni sul progetto “Gioco del Rispetto”.
1. E' rivolto a bambini in età prescolare, perché come si diceva prima è a quell'età che cominciano a interiorizzarsi stereotipi e pregiudizi. Ora, l'Italia è al 69° posto al mondo per parità di genere (http://reports.weforum.org/global-gender-gap-report-2014/rankings/), si capisce che un po' di strada da fare ne abbiamo, meglio cominciare...
2. I genitori vengono informati e devono esprimere il consenso o meno alla partecipazione. Fa strano che ci sia stato qualche genitore che affermi di non essere stato informato, perché oltre ad essere un illecito, la collaborazione della famiglia è preziosa, è nell'interesse stesso di chi promuove il progetto rendersi disponibile a ogni chiarimento o informazione ulteriore che si rendesse necessaria. I recapiti delle responsabili del progetto sono indicati molto più chiaramente del recapito del responsabile di filiale della mia banca quando voglio un'informazione sul conto...
2. Gli insegnanti vengono formati, viene consegnato il kit che contiene il materiale di gioco e che per un mese viene messo a disposizione dei bambini durante le ore di attività scolastica. Passato il mese, le ricercatrici raccolgono le osservazioni e i dati. Ops. Orrore. Dati? Quindi sperimentazione? Quindi bambini-cavie? Attenzione. Rigore scientifico non è una parolaccia. Rigore scientifico è quell'insieme di metodologie condivise a livello internazionale e storicamente consolidate che permette di valutare le ipotesi e gli interventi. É quell'insieme di procedure che permette di dar ragione – o meno – del proprio operato e di capirne la portata. L'”osservazione” (vedi le foto riprese da http://www.triesteprima.it/cronaca/esperimenti-hot-all-asilo-toccamenti-e-scambi-d-abito-per-i-bambini.html in data 10/03/2015) non è la schedatura (sic!), è una tecnica non invasiva e metodologicamente ineccepibile confermata da decenni di utilizzo su scala mondiale. Se qualcuno ha dubbi, basta che consulti un qualsiasi manuale di metodologia della ricerca. Ve ne sono di ottimi, anche scritti da uomini, se questo vi dà più sicurezza.
3. No alla sperimentazione sulla pelle dei bambini. E qui sono perfettamente d'accordo. Infatti l'osservazione, come spiegavo prima, è una tecnica per definizione non invasiva. Tra l'altro, permette la mera registrazione del comportamento, non la correzione, in qualsiasi direzione.
I giochi proposti rientrano nella normale varietà di attività che i bambini spontaneamente agiscono. Normalmente, i dati vengono analizzati in forma aggregata e anonima proprio a tutela dei partecipanti. Inoltre, da decenni le metodologie di ricerca e di intervento sono sottoposte a Codici Etici e Deontologici che mettono al centro l'interesse prioritario delle persone partecipanti.

Come scrivevo sopra, da oggi si trova in rete l'intero materiale prodotto, liberamente consultabile da chiunque. Spero che venga trattato con la delicatezza che merita, perché si tratta di materiale pensato e costruito con pazienza e competenza. É questo il motivo della riservatezza che finora lo ha circondato, non certo propositi complottistici di alterazione dell'ordine naturale. É materiale costruito pensando ai bambini che lo useranno per divertirsi e per sperimentare. Sì, sperimentare: cosa che fanno in ogni momento della giornata. Sperimentare abilità, relazioni, modi di stare al mondo: con la curiosità e l'innocenza che troppa fretta abbiamo di adeguare alle nostre categorie pantofolaie.


PS: cosa sono le categorie pantofolaie? Ve lo racconto in un altro post ;-)

martedì 17 febbraio 2015

#50sfumaturedigrigio

di Antonella Deponte (dr.deponte@gmail.com)

Questa non è una recensione sul film (che non ho visto), né sul libro (che non ho letto). Questa è una riflessione sul chiacchiericcio che impazza in questi giorni intorno a film e libro, anzi libri, dal momento che si tratta di una trilogia. Perchè parlare delle parole che vengono usate per vendere il prodotto, anziché parlare del prodotto?
A mio avviso, è opportuno parlarne perché tutto il battage pubblicitario, le innumerevoli recensioni e discussioni – più o meno create ad arte, più o meno guidate – arrivano a molte persone, anche a chi non accederà direttamente alla fonte, anche ad adolescenti. Molte di queste parole mi hanno colpito e preoccupato, perché influenzano la cultura, provocano sulla percezione della coppia e della donna effetti più subdolamente perversi di tutte le 50 sfumature del titolo.
Leggo ad esempio che il film avrebbe oscurato, per non dire eliminato, tutta la descrizione del piacere femminile, che sembra essere una delle caratteristiche principali del libro. Il libro viene celebrato per l'importanza con cui sottolinea il piacere di lei, profondendosi in dettagliate descrizioni, dicono.
Fin qui, potrei concludere che l'attenzione si volge finalmente alla sessualità femminile, benchè lo faccia in un modo che è stato definito “soft porn” e sgrammaticato (ahimè, il principale motivo che mi trattiene dal leggere un libro, qualsiasi libro: sapere che è scritto male).
Evviva quindi il focus delle masse e dei letterati sulla donna nella sua integrità psico-fisica, su quella componente ancora misteriosa e segretamente temuta del suo stare al mondo qual è il piacere sessuale, commistione unica di corpo e mente, espressione intima e poderosa della vitalità di una persona. Peccato che di tutta questa celebrazione si perda traccia nel film. Ma.... c'è un ma.
La trilogia narra una storia di sottomissione e di violenza.
Perchè celebrare il piacere femminile attraverso una storia dove la sottomissione della donna all'uomo è tanto volontaria quanto totale abdicazione di sé?
Siamo alle solite: c'è la povera Cenerentola, di cui si prenderà cura il ricco principe. Lo farà a sculacciate e frustate, ma tant'è. Il tutto condito dall'”Io ti salverò” di crocerossina memoria.
É storia vecchia: alla donna è concesso provare piacere, ma solo in un rapporto di sottomissione all'uomo, solo rispondendo con obbedienza cieca a tutte le sue perversioni, solo se questo piacere si accompagna inestricabilmente al dolore.
Tutto è cambiato, nulla è cambiato.
Figlie mie, benvenute nel mondo dove finalmente si farà più attenzione a voi. Per legarvi meglio.